Glossario dei termini tecnici
in Paolo di Alessandria
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a cura di Giuseppe Bezza
basis, fundamentum, è il nome di una sorte che ha grande rilievo in Valente e in Retorio. Con questo nome Paolo chiama l’oroscopo nel capitolo sulle sorti (cap. 23) e lo definisce. Nel cap. 24, sui dodici luoghi, troviamo  tra gli appellativi di oroscopo anax kai basis, rex et fundamentum, in una variante del Parisinus gr. 2425. L’appellativo di basis, come pure quello di oiax, gubernaculum, che Paolo dà all’oroscopo, hanno un sapore arcaico: li troviamo entrambi in Antioco (CCAG VIII/3, pag. 117,1. 32), il secondo in un papiro (PLond. 130). Ancora, in un’aggiunta del Parisinus gr. 2506, riportata nell’edizione Boer, la sorte di basis è recensita secondo il calcolo di Valente e Retorio. Infine, nelle note del commento di Eliodoro si fa tre volte menzione di basis in quanto sorte: due volte viene definita in accordo al calcolo valentiano, la terza secondo il calcolo seguente: da Venere a Mercurio nel giorno, nella notte il contrario. Si deve notare che il calcolo della sorte di basis secondo Valente è quello più comunemente accettato nell’astrologia greca; a questo calcolo medesimo corrisponde, nell’astrologia araba, la sorte di Venere, cfr. Abû Ma‘sar al-Balhî, Liber introductorii maioris ad scientiam judiciorum astrorum, ed. R. J. Lemay, Napoli 1995, III, pag. 621.

blaptô, noceo, v. agathynô.

bleponta zôdia, signa videntia, v. hypakouô.
blepô, aspicio, v. katopteuô.
deiknymi, demonstro, v. poieô.
despotês, dominus, v. oikodespotês.
dechomai, accipio, v. hypodechomai.
dêloô, declaro, v. poieô.
diathema, dispositio. Paolo si serve di questo termine nel cap. 2, quando dice che l’Ariete è l’angolo culminante nella genitura del cosmo, né usa altre espressioni a indicare la figura della natività nel suo complesso, v. thema.
diepôn, gubernans, v. poleuôn.
doryphoria, comitatus, v. symphônos.

dytikos, occidentalis, v. anatolikos.

dôdekatêmorion, duodecima pars. Ha due diverse accezioni. Nei capp. 12 e 13 designa una delle dodici sezioni del circolo zodiacale, che Paolo chiama altrove zôdion, poiché lì si tratta di definire la sympatheia, consensus, che intrattengono le dodici parti dello zodiaco immateriale. Nella seconda accezione dôdekatêmorion potrebbe essere reso con "dodicesimo": vi è un dodicesimo degli astri, dei cardini, delle sorti (cap. 22), della sizigia che precede la nascita e di quella che precede il concepimento. In questa seconda accezione, il dodicesimo occupa un grande rilievo nella letteratura astrologica greca, segnatamente riguardo alla distinzione tra feti compiuti e imperfetti o mostruosi e al sesso, cfr. ad es. Marcianus gr. 335, fo. 169v, cap. 226.

egkentros, in cardine constitutus, v. kentroô.

ekptôsis, prolapsus, v. emptôsis.

ektropê, declinatio, separatio. Questo termine, deverbale di ektrepô, deflecto, volgo via, distolgo, significa l’istante  - di per sé inconoscibile -  in cui il feto, resosi indipendente dalla madre, si appresta a nascere. E poiché in quel momento vi è un grado zodiacale che si leva, Paolo, nel cap. 33, dichiara nel modo seguente cosa sia l’ ektropê: «Dicesi ektropê il grado che sorge all’oroscopo nel giorno del parto e che sale dal mondo invisibile al visibile e che dirige (oiakizei) la nascita del bimbo». E’ significativo che questo termine sia assente nel lessico medico e sia presente solo in quello astrologico, ove viene sovente posto in contrasto con spora, satio, il concepimento, come appare nel titolo medesimo del secondo cap. del terzo libro del quadripartitum tolemaico: peri sporas kai ektropês, generalmente reso in latino con: in casu spermatis et exitu infantis. La prima, dice Tolemeo, è principio per natura (phusei), la seconda per potenza e per accidente (dynamei de kai kata to symbebêkos). Questi due termini sono posti in contrasto anche in Vettio Valente; fra i due istanti gli astrologi hanno postulato una relazione di necessità, fondata sui cicli siderali e sinodici della Luna. Dice pertanto Valente che, per lo più, coloro che son concepiti in un novilunio morranno in un plenilunio e viceversa (III, 10).

emptôsis, illapsus, questo termine non è presente in Paolo, che parla di anni che cadono (empiptontes) nella sizigia precedente la natività o nei loro luoghi quadrati o diametrale; appare nondimeno in Olimpiodoro, che lo recensisce, insieme all’ epembasis, ingressus (v.), come una delle due cause minori dei climacteres (le maggiori essendo la synantêsis, occursus, l’ exalma, saltus, la kollêsis, glutinatio). Tutte e cinque sono descritte nel cap. 38 di Olimpiodoro. Una descrizione decurtata dell’ emptôsis si trova anche nella compilazione di A˛mad al-Fars‹i (Achmes) (Angelicus 29 fo. 161v, cap. 74: Emptôsis de leghetai hotan ajpo tou hôroskopou ekballomenos ho eniautos eis ejkeino to zôdion empêsê hoper hê proêgoumenê syzyghia epi tês gheneseôs egheneto). Spesso, verisimilmente a causa del significato dannoso che gli è connesso, questo termine si ritrova nella grafia ekptôsis, prolapsus, in alcune raccolte di definizioni, cfr. Eliodoro, CCAG VI, pag. 102 e Marcianus gr. 335 fo. 384r, cap. 28, Parisinus gr. 2509, fo. 124r-v. E in Ahmad al-Farsî la definizione dell’ ekptôsis segue subito dopo quella dell’ emptôsis,  in tutto uguale alla prima, cfr. Angelicus 29, fo. 162r, cap. 76.

enallaghê, alternatio, permutatio, compare una sola volta in Paolo con il significato di "mutamento delle configurazioni" (tôn schêmatôn). Nell’accezione di revolutio annorum v. antighenesis.

eniautos, annus. L’accezione originaria è "anniversario", come troviamo in Omero, e "ciclo", mentre il senso proprio di anno è in etos. I due termini divengono presto sinonimi, tuttavia Paolo si serve del secondo per indicare gli anni di vita (capp. 3, 34), gli anni trascorsi (cap. 31), il tale anno dell’era di Diocleziano (capp. 19, 20); quanto al primo termine, ha una sua accezione tecnica nel lessico astrologico: eniautos non è solo l’anniversario, ma un luogo dal quale l’astrologo giudicherà dell’anno che inizia.

exalma, saltus. Paolo ne parla nel cap. 24 come una tra le figure che producono climacterii. Lo scoliaste dice che avviene quando il Sole o la Luna sono sul punto di passare da un segno a quello successivo, mancando un certo numero di gradi, ad esempio 15 (sch. 95). Nella compilazione di Achmes è così descritta: «Dicesi exalma quando, per il moto di direzione (kata ton peripaton) il Sole o la Luna o la sorte di fortuna, uscendo dal segno in cui erano in genitura entrano in quello successivo. Pertanto, assunti i gradi del segno che il Sole o la Luna o la sorte di fortuna occupano in genitura, osserva quanti gradi mancano al compimento di quel segno medesimo. I gradi trovati li considererai in quanto anni. Infatti, dopo tanti anni, l’astro che compie exalma, entrando nel segno seguente, porta un danno alla genitura» (Angelicus.29 fo. 161v, cap. 74; Palatinus gr. 312 fo. 93r, cap.27). Non vi è menzione dell’exalma in Tolemeo, Valente, né nell’edizione di Efestione a cura di D. Pingree, ma è spesso recensita in varie raccolte anonime di definizioni, talora poste sotto il nome di Efestione.

epanaphora, ortus subsequens. Epanaphorai sono i luoghi che succedono, ovvero che sorgono o ascendono dopo gli angoli: il secondo rispetto all’oroscopo, l’undicesimo rispetto al culmine, il quinto rispetto all’anticulminazione, l’ottavo rispetto al tramonto; cfr. sch. 72: ta (zôdia) epanapheromena, i segni che seguono. Allo stesso modo vi sono gradi che si sono levati prima del levar del Sole, altri che si levano dopo di esso: hai proanapheromenai moirai, hai epanapheromenai moirai (cap. 14). Pertanto, quando il termine è riferito ad un astro, indica qual è la sua posizione: a) nell’epiciclo, ove il riferimento è il Sole; b) nel moto diurno, ove riferimento è uno dei quattro kentra, cardines (v. kentron); ma la posizione dei segni dello zodiaco e dei dodici luoghi (v. topos) è definita solo in virtù del moto diurno e pertanto segni e luoghi sono distinti in kentra, epanaphorai, apoklimata (cfr. cap. 27 e il cap. 7 di Olimpiodoro riportato a commento del cap. 11). Paolo non descrive in modo evidente l’ epanaphora in quanto figura significante degli eventi, come appare per esempio in Tolemeo, essa nondimeno è implicita. L’ epanaphora è descritta da Efestione come figura che si contrappone alla kathyperterêsis (v.): «Si dice che un astro segue (epanapheresthai) quando si separa da un altro e si muove verso i segni seguenti. Sia ad esempio la Luna nel quinto luogo e la stella di Marte nel sesto, o siano entrambi nel medesimo segno e la Luna abbia 10 gradi, Marte 15 o più: diciamo che Marte segue alla Luna» (Heph. Epitoma I, 165; Pingree II, pag. 40). Così definita, l’ epanaphora è la familiarità o rapporto che l’astro che segue compie verso quello che precede nel moto diurno ed essa può darsi solo kata sôma, per corpus.

epembasis, ingressus. E’ l’ingresso di un astro al tempo dell’anniversario rispetto ai luoghi della natività, considerati sia immobili (kata pêxin), sia mobili (kata peripaton); v. antighenesis.

epechô, retineo. Il verbo esprime la posizione di un astro (v. epochê ): il grado che occupa (capp. 5, 22), il segno e la sua natura (capp. 6, 24), il luogo e la sua qualità (capp. 24, 25); esprime, allo stesso modo, la posizione di un segno: il Leone, per esempio, occupa, possiede l’angolo oroscopico (cap. 27). In quest’ultima accezione di possedere, il termine indica quale forza (dynamis) ha un segno rispetto ad un altro per la sua natura o posizione, ad esempio gli homozôna ed isanaphora (capp. 12, 13). Accanto a queste accezioni, il quadripartitum tolemaico ne offre un’altra, che è ben attestata nella letteratura astrologica: tên synaphên (ê tên aporroian) tês selênês epechein, separationem (aut applicationem) Lunae retinere (III, 14; Boll-Boer pag. 157,2; IV, 2; BB pag. 176,4; IV, 4; BB pag. 179,3; IV, 5; BB pag. 185,6.9).

epidexiotês, dexteritas, v. kathyperterêsis.

epidechomai, accipio, recipio, v. hypodechomai.

epikairos, opportunus. E’ da considerarsi hapax in Paolo; il termine appare nel cap. 14 ed è riferito agli astri che fanno corteo al Sole che, se si trovano nei luoghi opportuni, sono vigorosi. Lo scoliaste e il commentatore avvertono che questi luoghi sono due cardini: l’oroscopo e il culmine. Il termine appartiene verosimilmente all’astrologia arcaica; lo ritroviamo in Efestione, quando cita Antigono di Nicea riguardo alla natività di Serviano: il Sole al culmine è in epikairô topô (II, 18; Pingree I, pag. 164,26) e ancora in una citazione di Doroteo: il Sole, la sorte, la Luna in opportunis locis (II, 26; Pingree I, pag. 197,16). Infine, in III, 9 Efestione ci offre una diversa definizione: nella sinastria questi luoghi sono quelli del Sole, della Luna, della sorte e dell’oroscopo (Pingree I, pag. 262, 12). Valente conosce il termine, ma sembra interpretarlo diversamente: quando i malefici giungono all’oroscopo o al Sole o alla Luna arrecano la morte, al culmine o nei luoghi opportuni inattività, sconvolgimenti, pericoli. Possiamo quindi dedurre che gli epikairoi topoi sono per Valente il culmine, cui si potrebbe aggiungere la sorte di fortuna (V, 6; Pingree pag. 214,10); v. kentron. Ancora, Sarapione ci offre una definizione alquanto diversa: «Si dice che gli astri hanno vigore quando si trovano nei luoghi opportuni della genitura, ovvero quando sono angolari o compiono apparizione (epi phaseôs) o quando sono precisamente nel luogo della sorte (epiklêroi) o della sizigia precedente (en tais synodois)» (CCAG VIII/4, pag. 226,17).

epikentros, qui est in centro, v. kentron.

epimartyrêsis, attestatio, v. martyreô.

epiparousia, praesentia, appare nel cap. 26 a indicare la presenza degli astri nei luoghi. Lo scoliaste ha anche il termine parousia e l’espressione kata parousian, per praesentiam, è sinonima di quella, più usitata nella letteratura astrologica tardo-antica, di kata sôma, per corpus (cfr. sch. 94, ove si distingue tra le synantêseis per corpus e per praesentiam). Quanto al termine symparousia, compraesentia, denota la presenza di due astri nel medesimo segno (cfr. cap. 11, 17: kata to auto zôdion) e la loro unione.

epitolê, emersio, v. anatolê.

hepomenos, sequens, v. proêgoumenos.

epochê, status, positus; le asterôn epochai, status siderum, sono le posizioni degli astri, generalmente date per longitudine. Questa accezione è accolta dalla Suda (s.v.): «Epochê è il grado in cui si ritrova il Sole, la Luna e ciascuno dei cinque pianeti». Tuttavia l’accezione prima sembra essere quella di una posizione determinata nel tempo.Tolemeo, nell’almagesto, si serve del termine sia per esprimere una posizione nella sfera, celeste o terrestre, sia per indicare un punto determinato nel tempo a partire dal quale si devono computare i moti.

hesperios, vespertinus, v. heôos.
etos, annus, v. eniautos.

heôos, matutinus, e il contrario hesperios, vespertinus, sono in Paolo sempre connessi a anatolê e dysis, talora al sinonimo krypsis (cap. 14). Questo ultimo termine rivela che queste posizioni dei pianeti sono intese sempre rispetto al Sole e hanno pertanto un mero valore epiciclico, Paolo non parlando di quadranti mattutini e vespertini e di altri simili posizioni assunte lungo la rotazione del moto diurno.

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