Joe Fallisi

Maradona e l'emisfero australe.

La prima versione di questo testo è apparsa nel Vol. I (Astrologia e Tradizione)
degli Atti del II Congresso Internazionale di Astrologia del CIDA (Venezia, novembre 1997) pubblicati nell'autunno del 1998.
L'edizione a stampa del testo che segue comprende un numero maggiore di illustrazioni ed è disponibile richiedendola all'autore, flespa@tiscalinet.it





  Sembra di sentirlo, sembra di vederlo il livido Morin, dall'alto della sua albagia, mentre scaglia tuoni e fulmini sui malcapitati - e ignari - Tolemeo, Cardano, Campanella, "astrologi nomen affectantes". Primo fra tutti, appunto, Tolemeo, che delle divisioni dello zodiaco "causas ignoravit", così come il suo discepolo Cardano. Quanto a Campanella. "magnus scientiarum depravator (quod dictum velim ad cautelam ingegnorum qui eius libris novitatum plenis delectantur), errorem Cardani ampliavit" (1). Eppure, così brillano splendidi nel cielo gli astri immortali di Tolemeo, di Cardano, di Campanella, come un baluginio sempre più fioco emana dalla stella di Morin.

  Falso innovatore, vero oscurantista, Morin de Villefranche non seppe riconoscere le eccezionali scoperte scientifiche dei suoi contemporanei; e nello stesso tempo ebbe la smisurata pretesa - in questo vero uomo moderno -, miseramente fallita, di far tabula rasa della tradizione, in specie delle "varie finzioni introdotte nell'astrologia dai caldei e dagli egiziani" (2) e in seguito dagli arabi, e di fondare la vera astrologia, la sua astrologia, francese e cristiana (3).

  Il rimprovero da lui mosso così aspramente al Cardano suona in realtà ad onore dell'ingegno di quest'ultimo. Il grande matematico-medico-filosofo di Pavia aveva sostenuto, in base alla dottrina tolemaica, che si dovessero invertire le dignità planetarie (ovvero i segni astrologici) dei temi eretti per l'emisfero Sud (4), questione che già ai suoi tempi cominciava a porsi non più solo in termini teorici. Di qui la reazione sdegnata di Morin, certissimo del valore assoluto, imperante allo stesso modo e nello stesso tempo su tutto il globo terrestre, dei segni relativi all'emisfero boreale (5).

Figura 1 - Esplorazioni geografiche (1487-1522).

  Le scoperte ed esplorazioni geografiche moderne, col loro corteggio, funesto per le popolazioni indigene, di preti, soldati e mercanti (6), avevano avuto inizio nel Quattrocento e, all'epoca di Morin (1583-1656), la maggior parte delle grandi missioni (Colombo, Vespucci, Vasco da Gama, Magellano, Drake, Barents, Hudson, Tasman) si erano già compiute (fig. 1). L'artiglio "civilizzatore" dell'Occidente e del Nord del mondo si era posato, implacabile e insaziabile - e inarrestabile -, sul Mondo Nuovo e non avrebbe più lasciato la sua presa (7).

  Non deve stupire che un riflesso ideologico (nel senso proprio dell'aggettivo marxiano) di quest'enorme opera colonizzatrice, fondamento di tutto lo sviluppo successivo dei paesi e dei popoli conquistatori, si ritrovi anche all'interno del pensiero astrologico. È in effetti proprio nel Seicento, ad opera di Morin, che viene codificato in astrologia il dogma egemonico, ripreso dai moderni - tra i quali Boudineau (8) -, secondo cui per l'emisfero australe valgono, sincronicamente, i medesimi segni vigenti in quello Nord. Quasi che, come estremo paradosso, nel momento storico in cui la ratio scientifica cominciava a mostrare la reale configurazione tanto del globo terrestre quanto del sistema planetario, si fissasse in modo definitivo una concezione astrologica del Sud del mondo totalmente rétro e, contro ogni evidenza matematica e sensibile, irrazionale. Per essa, la Terra non è, a tutti gli effetti, rotonda e non esistono due Poli elevati, Nord e Sud, cui devono riferirsi i due diversi emisferi, ma uno solo, il Polo Nord (9).

 Credo sia utile ricordare alcune nozioni di base, indispensabili per dirimere la questione. Le stagioni astronomiche (fig. 2) sono periodi dell'anno caratterizzati dal variare della declinazione del Sole (le stagioni calde vedono un incremento illuminativo - declinazione Nord -, al contrario di quelle fredde - declinazione Sud) e dalla diversa altezza del Sole sull'orizzonte a mezzogiorno (con il Sole più alto nelle stagioni calde e più basso nelle stagioni fredde - vedi tavola 1). Il fenomeno dipende dal fatto che, durante lo spostamento lungo la sua orbita, la Terra, il cui asse forma un angolo di 23° 27' con la perpendicolare al piano dell'orbita stessa (10), si presenta diversamente inclinata rispetto ai raggi solari. In quello che, per l'emisfero boreale, è il solstizio d'inverno (21-22-23 dicembre), l'asse terrestre è inclinata rispetto ai raggi solari sì che questi raggiungono perpendicolarmente il tropico del Capricorno; la posizione del circolo illuminativo è tale per cui la calotta polare artica è completamente in ombra e quella antartica tutta quanta in luce. Nell'emisfero australe è il giorno ad avere la sua massima durata (inizio dell'estate), in quello boreale la notte (inizio dell'inverno). Al solstizio d'estate (21-22-23 giugno), la situazione nei due emisferi è esattamente opposta e simmetrica. Nei due equinozi, invece, l'asse terrestre è perpendicolare ai raggi del Sole, essendo questo allo zenit all'Equatore, e la durata del giorno (12 ore) è uguale a quella della notte. Laddove, il 20-21-22 marzo, inizia la primavera nell'emisfero boreale, comincia l'autunno in quello australe; e viceversa il 22-23-24 settembre.


Figura 2 - Orbita della Terra e stagioni astronomiche.

Nella fascia temperata (fig. 3), sia dell'emisfero boreale, sia dell'emisfero australe, il Sole non è mai allo zenit e culmina nella metà della volta celeste opposta a quella in cui si trova il relativo Polo elevato (vedi tavola 1); mentre nella zona tropicale-equatoriale le culminazioni del Sole sono in entrambe le metà della volta celeste (vedi tavola 1). Parimenti, solo nelle zone temperate la durata dell'illuminazione è congrua agli angoli dei raggi del Sole, ovvero gli angoli dei raggi del Sole sono più acuti quando la durata del giorno è più lunga e più ottusi quando essa è più corta. Scendendo dai tropici verso l'Equatore, le differenze ascensionali dei gradi dello zodiaco diminuiscono in maniera progressiva, fino a scomparire sul circolo massimo, dove ogni grado, parallelo all'Equatore stesso, forma un angolo retto con l'orizzonte e la durata dell'arco illuminativo è uguale per tutti i gradi (11). E, infatti, le stagioni perdono la loro identità distinta ai tropici e all'Equatore si annullano (12).

  Così, nel corso dell'anno, con il variare della declinazione e degli archi diurni (vedi tavola 3 e tavola 2) e dell'altezza meridiana del Sole alle diverse latitudini (vedi tavola 1), muta anche, in modo variamente sensibile, la durata del giorno (fuorché all'Equatore) e l'intensità dei raggi luminosi. Tutto ciò con conseguenze dirette sulle variazioni della temperatura e degli altri fattori meteorologici - in primis i venti -, e quindi sulle cosiddette stagioni climatiche o meteorologiche, che non coincidono con quelle astronomiche, facendosi iniziare, per ragioni di ordine pratico, con il primo giorno del mese in cui hanno luogo gli equinozi e i solstizi (13).

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