Giuseppe Bezza

Virtù della Luna.

Schema 7-8, marzo 1988

Ptolemaeus quoque humiditates effluere ratione luminis dixit

Lucio Bellanti, Responsiones in
Disputationes Io.Pici Mirandulani, 6,7


  Nel capitolo sulle virtù delle configurazioni degli astri al Sole (quadr. 1,8), Tolomeo inizia a trattare, vuoi perché le sue figure sono più evidenti, vuoi perché sono ben note a tutti i naviganti (Anon. Wolf 24), della Luna:

  «Rispetto alle loro configurazioni con il Sole, la Luna e i tre astri errranti (le stelle di Saturno, di Giove e di Marte) assumono un'intensità ed un allentamento delle loro proprie virtù. La Luna infatti dal suo primo sorgere fino al primo quarto produce soprattutto un aumento dell'umidità; indi, dal primo quarto al plenilunio, del calore; dal plenilunio all'ultimo quarto della secchezza; e dall'ultimo quarto fino alla sua occultazione del freddo».

  A causa di questa sua quadruplice natura efficiente la Luna fu paragonata, nei suoi effetti, al Sole; dice infatti Aristotele: «La Luna è quasi un altro piccolo Sole e per questo contribuisce a tutti i processi di riproduzione e di compimento... sono i movimenti di questi astri che determinano (nei corpi) il limite dell'inizio e della fine».[1] In quanto piccolo Sole, la Luna ne imita gli effetti: «Il Sole produce inverno ed estate nell'arco dell'anno intiero, la Luna nell'arco del mese; ciò non a motivo dei suoi movimenti tropici, bensì l'una quando la luce aumenta, l'altro quand'essa scema» (gen.an. 767a). Gli astrologi hanno pertanto assimilato le fasi della Luna alle quattro stagioni dell'anno, giacché la primavera è umida, l'estate calda, l'autunno secco, l'inverno umido (quadr. 3,11). Questa corrispondenza analogica, che vediamo in Porfirio (Introductio CCAG 5/4 192,7), fu seguita dalla grandissima maggioranza degli astrologi; si tratta tuttavia di un'analogia stabilita per convenzione, ove i modi di illuminazione del Sole nei quattro quadranti dell'anno sono assimilati omogeneamente alle quattro fasi di illuminazione della Luna nel mese e nessun discrimine viene posto tra la qualità della luce solare e quella della luce lunare.

  In effetti, il significato dei diversi modi di illuminazione della Luna è chiaramente rilevato dall'anonimo commentatore greco e da Alî ibn Ridwân. A far tempo dalla sua prima apparizione (apo tês anatolês) fino al suo primo quarto la Luna è maggiormente produttiva di umidità e, “così come i bambini appena nati sono umidi, allo stesso modo essa abbonda in umidità” (Anon. Wolf 24). In seguito, con il crescere della sua luce aumenta vieppiù il suo calore “ed il calore apre i canali e i pori, dissipa l'umidità densa e congelata” (Haly fo. 14r). Dal primo quarto al plenilunio è pertanto più calda: inizia infatti a ricevere il calore dalla sfera solare (Anon. ibid.), giacché il calore è in funzione della quantità della luce (Haly ibid.). Ma, così come assume tali qualità umidificanti e calorifiche, allo stesso modo le perde (Anon. ibid.). Dal plenilunio al primo quarto cresce ancora il calore, giacché la sua luce permane gran tempo sopra l'orizzonte e al contempo risucchia l'umidità ed il suo effetto è di operare secondo siccità (Haly ibid.). Infine, a partire dall'ultimo quarto fino alla sua occultazione sotto i raggi del Sole (méchri krupseôs) scema la sua luce di giorno in giorno ed appare come sua virtù il freddo.

  Le qualità prodotte dal Sole dipendono dalla sua illuminazione, vuoi dalle diverse quantità della sua luce, definibili nei quadranti dell'anno; anche le qualità della Luna dipendono dalle diverse quantità della sua luce, le quali non sono definibili se non rispetto al Sole. Ora, il Sole bambino nasce al solstizio invernale, quando inizia a crescere la quantità del giorno pur continuando ad essere inferiore alla quantità della notte; qui prende l'avvio il principio umido, che si estende per dilatazione successiva della luce, da un minimo ad un massimo, ovvero lungo l'intero semicerchio fino al solstizio estivo ove la quantità del giorno, giunta alla sua massima dilatazione, inizia a decrescere; qui ha inizio il principio secco, in virtù di un restringimento successivo della luce, da un massimo ad un minimo, lungo tutto il semicerchio dal solstizio estivo al solstizio invernale. Umido e secco hanno pertanto origine da due circoli tra loro opposti, il tropico del Capricorno e il tropico del Cancro. Diversamente si comportano i principi del calore e del freddo: se l'umido e il secco si propagano per dilatazione e per restringimento, il calore e il freddo si propagano entro punti delimitati dalla quantità degli archi diurni e notturni del Sole ed operano per intensità dell'uno sull'altro. Essi hanno origine dal medesimo circolo, il cerchio equinoziale, linea mediana delle diverse quantità luminose nel corso dell'anno e, raggiunto il loro massimo nei punti opposti, ritornano al medesimo circolo. In inverno nasce quindi il principio umido, perdurando il freddo originato nell'autunno; in primavera nasce il principio calorifico, perdurando l'umido; in estate nasce il principio secco, perdurando il calore; in autunno nasce il principio freddo, perdurando il secco. [2]

  Questo stato di cose è comune alla Luna e a tutti gli astri erranti, in virtù dell'aumento e della diminuzione della loro luce. La loro luce non si dilata e non si restringe ai solstizi, non segue, come dice Aristotele nel testo precitato, i loro «movimenti tropici», ma prende principio con la loro emersione dai raggi del Sole e termina con la loro occultazione nei raggi solari. Origine dei loro diversi modi di illuminazione è dunque il Sole. In accordo a questi stati di illuminazione della Luna, Galeno assimila il periodo di aumento della luce lunare al tempo dell'anno che va dall'inizio dell'inverno all'inizio dell'estate e il periodo di decremento della luce al tempo dell'anno che va dall'inizio dell'estate all'inizio dell'inverno.

  Possiamo quindi definire le qualità efficienti del mese lunare come nella figura qui a fianco. [3] La rivoluzione sinodica della Luna è contraddistinta da due mutazioni principali e più evidenti: il novilunio e il plenilunio, che corrispondono a gradi estremi delle sue qualità. Nel novilunio il freddo e l'assenza dell'umido, nel plenilunio il calore e l'abbondanza dell'umido. Nondimeno non è la Luna per sè che produce questi effetti, «i quali derivano invero tutti dal Sole, mentre la Luna li manifesta, li porta dalle tenebre alla luce, li suscita essendo prima spenti». [4] Si devono quindi considerare i tempi dell'anno e del giorno. Dice infatti Federico Bonaventura: abbiamo sovente osservato che le notti e i giorni sono più caldi nei pleniluni estivi, più freddi nei noviluni invernali. [5] In particolare, durante il novilunio soffrono i corpi umidi, gravi sono le malattie che principiano in codesto tempo, debole è chi nasce per l'eccesso del freddo e del secco, per l'assenza dell'umido. Al contrario, nel plenilunio vi è un eccesso di umidità [6] e questi effetti sono maggiormente contrari al temperamento umano nei noviluni che si producono durante il giorno, nei pleniluni che si producono la notte, tempore conditionario luminari. [7]

  Questi due momenti sono inoltre tra loro diversi per quanto è della loro durata: nel plenilunio la pienezza del disco lunare è determinabile, mentre la Luna rimane ascosa qualche tempo prima e dopo il novilunio. L'assenza della luce lunare, dice Teofrasto (de sign.temp. 5), si accompagna generalmente al cattivo tempo e viene definita, così come in Aristotele (gen.an. 767a), phthísis e apóleipsis (silentia lunae), volendo così significare non la privazione della luce nel corpo luminoso, ma la sua occultazione rispetto ai nostri sensi. [8] Questo tempo di assenza può durare più di tre giorni, per ciò il novilunio è la fase maggiore, che accompagna le alterazioni più lunghe, quantunque non sempre evidenti; [9] mentre nel plenilunio il fenomeno avviene in un punto determinato e, sebbene non sia facile distinguere l'esatto momento del plenilunio dall'osservazione del disco lunare, è nondimeno agevole riconoscerlo dal moto di entrambi i luminari: quando il Sole si corica la Luna sorge. Novilunio e plenilunio sono sizigie, connubii, unioni maritali dei due luminari, sono i limiti del crescere e del decrescere della luce lunare. A partire dal novilunio si riversa sulla terra una quantità di presenze angeliche che vengono continuamente prodotte fino al tempo del plenilunio; da qui, ogni produzione cessa e ciò che è prodotto si consuma. [10
] Dalle sizigie si giudica pertanto della mutazione del tempo, del fondamento delle geniture ed ogni nascita deve accordarsi alla sizigia che l'ha preceduta.

  Durante il novilunio, adunque, mutazioni più lunghe, alterazioni già preannunciate, siccome si preannuncia la scomparsa della luce lunare, durante il plenilunio mutazioni più veementi e rapide: gli Arabi chiamano il tempo del plenilunio badr, [11] giacché la Luna si affretta a sorgere allorché tramonta il Sole; questo termine viene da badara, ‘venire all'improvviso’, ‘giungere inattesi’, ‘sorprendere’, invero nel plenilunio «la luce non finisce con il tramonto del Sole, ma lo splendore del giorno si prolunga durante la notte con la luce della Luna» (Macr. sat. 1,15,15). Il novilunio, al contrario, indica ciò che è segreto e nascosto, il cattivo stato di ogni creatura terrena. [12] Il giorno del plenilunio è presumibilmente il primo giorno festivo per eccellenza e in accadico è chiamato sapattu, giorno di festa, di preghiera e di sacrificio nel calendario babilonese. [13]
  La Luna è umida: vinti dai solari, i lunari pagarono loro diecimila anfore di rugiada (Luc. hist.ver. 1,20); Ersa, la rugiada, è figlia di Zeus e di Selene, del cielo e della Luna (Alcmane ap. Plut. symp. 659b); vi è nella Luna una certa proprietà che inumidisce i corpi e li bagna come rugiada occulta, velut occulto rore (Macr. sat. 7,16,21), essa è mater roris, così le si rivolge sant'Ambrogio nell'Hexameron. E' dea delle fonti termali, è amnium domina per il suo dominio sui fiumi (Catullo 34,12). [14] Il suo nome greco, Selênê, viene da selas, luce, splendore [15] e la sua luce è feconda e umidificante e giova ai rampolli di animali e ai germogli delle piante (Plut. Is.Os. 367d). Gli aborigeni della terra di Arnhem svolgono le danze propiziatorie per i frutti e gli animali in una fossa a forma di falce di Luna. [16] Essa è Melissa e ape che presiede ad ogni generazione (Porph. antr.nymph. 18), è dea mielata (Teocr. Id. 15,4), che presiede all'entrata e all'uscita dal mondo. Vi è in essa il principio di ogni germe (Lyd. de mens. 2,6; 3,4; 4,53) e ciò è proprio agli dei stellari che lanciano frecce, quali Apollo e Artemide, entrambi cacciatori, gemelli dai medesimi epiteti, ékatos, ékatê ‘che lanciano frecce’.

  Lunare è il principio vitale che nutre il corpo (Plut. facie in orbe Lunae 26) e lo Ps.-Tolomeo chiama la Luna fonte della vita fisica (Centil. 86); essa è simbolo degli elementi che nutrono e costituiscono il corpo umano, come delle alterazioni fisiologiche che il nutrimento subisce. [17] Il papiro Michigan 149 assegna alla Luna il volto umano, giacché i cangiamenti del nostro volto, visibili manifestazioni delle emozioni che ci impressionano, somigliano alle varie forme della Luna. Tolomeo in quadr. 3,14 (154,20 de qualitate animi) chiama la Luna “il luminare più corporeo”; ciò non è detto della Luna rispetto al Sole, ma della luce lunare in rapporto ad ogni altra fonte luminosa del cielo, in quanto più vicina alla terra e più densa (Anon. Wolf 143); sômatôdésteron, magis corporeum, est lux quae magis naturam corpoream induit, che maggiormente esprime la natura dell'essere corporeo. Pertanto, come osserva Plutarco, la Luna ha «natura mista e figura di demone e la sua rivoluzione concorda con questo genere demoniaco, in quanto essa si mostra ora calante, ora crescente, ora cangiante» e la natura propria dei demoni è di «partecipare a un tempo della passione del mortale e della virtù del dio» (def.orac. 416E).

  La Luna nasce e muore, è simbolo della vita e della morte. Quando la Luna non c'era, non c'era neppure la morte. [18] Trafitta dal Sole, la Luna deperisce, di essa non rimane che la spina dorsale, da cui rinascerà nuovamente. Presso gli Uitoto della Colombia la serpe simboleggia la Luna: l'uomo malato, castigato dal Sole, era stato colpito da paralisi, non poteva alzarsi, non poteva muoversi; allora, calatosi in acqua, si trasformò in una serpe screziata di bellissimi colori; quando della Luna non si vede che una falce sottile, la serpe ha lo spessore di un filo; in seguito cresce smisuratamente fino al plenilunio e il suo appetito è divorante; quindi cala, soffre e prova dolore, finché la Luna novella, falce tagliente, esce dal corpo della vecchia serpe facendola morire. [19] Allo stesso modo per gli uomini: l'apparire della nuova falce lunare è un ritorno alla vita, la sua scomparsa la morte. Un re dei Bantù meridionali, ucciso secondo l'imposizione del rito al morire della Luna, poiché gravemente malato, ritorna alla vita il quarto giorno, con lo spuntare della Luna novella in cielo. [20]

  Molti popoli a nord e a sud dell'equatore videro nella Luna un coniglio, o piuttosto una lepre, animale che dorme di giorno e saltella la notte. In Cina la lepre è l'essenza della Luna piena e negli abiti di cerimonia una lepre è rappresentata nel disco lunare, intenta a pestare in un mortaio delle erbe medicinali. La rappresentazione taoista pone la lepre all'ombra di un fico, ma in Cina è la cassia che le fa ombra, perché la cassia ha quattro fasi come la Luna. Ma sia la cassia, i cui semi neri e lucenti gli Eritrei usano per preparare collirii disinfiammanti, sia il fico sono alberi autunnali; quest'ultimo per l'epoca della maturazione dei suoi frutti, la cassia per la sua fioritura. In autunno infatti si celebrano i sacrifici alla Luna, giacché l'autunno è una stagione yin ed allo stesso modo la lepre timida e fuggitiva si nasconde durante il giorno e folleggia al chiaro di Luna : «Le clair de lune semble en effet produire sur le lièvre une griserie qui le sort de son naturel; dans les jeux auxquels il se livre alors, il perd toute mesure et toute prudence au point de courir à la rencontre du renard qui fond sur lui». [21] Incaricata dalla Luna di portare agli uomini la promessa della vita eterna, la lepre corre trafelata e recita malamente il messaggio. Allora la Luna la percuote sulle labbra, che da allora mostrano un taglio, ed essa rimane nella Luna a medicare la natura mortale dell'umanità.

  All'inizio del del re rustica, Varrone invoca il Sole e la Luna,«le fasi della cui rotazione si osservano quando si semina e quando si raccoglie». Le fasi lunari agiscono in generale sugli esseri viventi (Arist. gen.an. 777b), [22] vi sono pesci che la imitano, tali il klopia, che diviene bianco in Luna crescente e si scurisce in Luna calante (Lyd. de mens. 3,11 Wuensch 52,3). Nella fase crescente della Luna aumenta l'appetito degli animali (Arist. gen.an. 680a), con la sua luce aumenta e diminuisce il sangue (Cic. de div. 2,33-34; cfr. Plin. nat.hist. 2,41,109; 2,99,221, che per ciò chiama la Luna spiritus sidus, astro del soffio vitale), il midollo (Firmico 4,1,5). [23] In generale, tutto ciò che deve essere potato, colto, tagliato deve essere fatto a Luna decrescente (Plin. nat.hist. 18,321), come ad esempio la raccolta delle erbe medicinali. [24] Tutto ciò che deve essere seminato sia fatto quando la Luna cresce e la temperatura è mite (Palladius opus agr. 1,6,12), ciò che deve essere tagliato o raccolto quando decresce (ibid. 1,34,8). Un albero piantato a luna crescente si svilupperà molto, a luna decrescente sarà piccolo e nondimeno robusto (Geoponica 10,2,13), ma per seminare la veccia, cereale che non sopporta l'umidità della rugiada, né quella della notte, sia la Luna fredda e secca, non la si semini prima del venticinquesimo giorno lunare, se non si vuole che le si avvinghino le limacce (Palladius op.cit. 2,6).

  I moti lunari sono complessi e subiscono le perturbazioni del Sole e del rigonfiamento equatoriale della terra, ma non è nostro proposito parlare della teoria dei moti lunari. Vi è nondimeno una considerazione che merita attenzione: a differenza del Sole, la Luna può avere la sua massima o minima velocità in un qualsiasi punto dell'eclittica; ugualmente, in un qualsiasi punto può avere i suoi ventri e i suoi nodi. Mentre per i pianeti le variazioni eclittiche di questi luoghi avvengono nel corso dei secoli, non così per la Luna, la cui linea apsidale compie una rivoluzione completa in poco meno di nove anni. Questa considerazione è per noi importante, giacché queste variazioni fanno parte degli schêmata, delle figure degli astri erranti. Leggiamo in Antioco d'Atene:

  «Occorre sapere che quando la Luna percorre la spirale superiore compie nello spazio di un giorno e di una notte 11 gradi e quando percorre la spirale inferiore ne compie 14; ora, essa forma due scioglimenti nodali: il primo allorché inizia ad abbassarsi dall'alto e questa figura è reputata nelle geniture maligna ed incerta; il secondo allorché risale al circolo mediano ed anche questa figura è maligna. Sono questi i luoghi dell'eclisse; quivi, infatti, quando la Luna appare piena ai nostri occhi sopporta la sofferenza dell'eclisse». [25]

  Dalle figure della Luna l'aumento e la diminuzione dei corpi, il destino dell'uomo (Cic. de div. 2,43,91; nat.deo. 2,46,119). La miglior condizione della Luna, leggiamo in Doroteo (1,12,10.11), è quando, essendo crescente, si dirige verso il Nord del cielo, giacché indica prosperità e grande efficacia. In particolare, se è crescente e si dirige verso il Nord, avendo superato il circolo mediano dello zodiaco, porterà benefici alla fine della vita; se si dirige dal Sud verso il Nord, benefici all'inizio e alla fine. Vi sono pertanto quattro figure, geminate dalle fasi di crescita e decrescita. Ma quando la Luna diminuisce il suo moto in longitudine e in latitudine e, calante di luce, si dirige ai malefici crea debolezze nel corpo, il malcontento nell'animo, fa le geniture oscure (Heph. 2,18; Pingree I 166,30).

  Osserviamo che il moto in longitudine della Luna è più lento all'apogeo, più rapido al perigeo. Inoltre il moto minimo diurno della Luna si situa presso il suo ventre settentrionale, il moto massimo verso il ventre meridionale. Dal ventre settentrionale al ventre meridionale, scendendo in latitudine, la Luna aumenta il suo passo giornaliero in longitudine; dal ventre meridionale al ventre settentrionale, salendo in latitudine, lo diminuisce.

  Signoreggia la Luna i primi quattro anni della vita (quadr. 4,10; Albumasar rev.nat. 1,7), che sono gli anni della nutrizione. L'anonimo commentatore (Wolf 166) dichiara che questo periodo quadriennale si fonda sul ritorno delle sizigie nel medesimo grado. In verità, in quattro anni si compie la rivoluzione della Luna nell'epiciclo, ovvero ogni quattro anni solari il luogo della Luna nel suo epiciclo è il medesimo, con l'approssimazione di circa un grado (Cardano, op.cit., V 359).


NOTE

1. gen.an. 777b; cfr. Theophr. sign.temp. 5: la Luna è un Sole notturno; cfr. Albumasar Introd. 4,5: «Singulis etenim lunationibus totum circulum perambulans solaris anni divisiones imitatur».

2. Cfr. Placido Titi, Coelestis Philosophia 1,14 (e la traduzione del Bravenna in Schema 2, 80-91).

3. Picatrix (german version), London 1962, 67.

4. L'analogia tra stagioni dell'anno e fasi della Luna è puramente convenzionale, ma trarrebbe in errore desumere le qualità degli effetti lunari dalla simbologia delle stagioni, come appare in molti astrologi e, in particolare, negli scrittori dei giorni critici, cfr. ad es. A. Nifo, De diebus criticis seu decretoriis aureus liber, Venetiis 1519, fo. 7v; A. Argoli, De diebus criticis et aegrorum decubitu libri duo, Patavii 1652, I 82-83; al contrario si veda I.A. Magini, op.cit., 17v; 25r; P. Titi, De diebus decretoriis et aegrorum decubitu, Ticini Regii 1660, I 70: «Quoniam vero haec quatuor anni tempora, quae excitantur a Sole, inveniuntur etiam in mense illuminationis Lunae; nam Luna a prima apparitione frigiditatem et humiditatem efficit usque ad primam dicotomam; inde ad plenilunium humiditatem et calorem; a plenilunio ad secundam dicotomam calorem et siccitatem; in reliquo ultimo quadrante siccitatem et frigiditatem, sequitur quod sicut anni quadrantes excitant febres..».

5. Anemologiae pars prior, id est de affectionibus, signis, causisque ventorum ex Aristotele, Theophrasto, ac Ptololemaeo Tractatus, Urbini 1593, 273-274.

6.I.A. Magini, op.cit., 11v-12r.

7. P. Titi, op.cit., I 30. Queste argomentazioni acquistano una pienezza di significati in astrologia ove concorrino tutti gli astri. Rimandiamo al capitolo 35 di Paolo d'Alessandria e alla prafrasi-commento di Eliodoro.

8. F. Bonaventura, op.cit., 19. Con il termine phthínontos ad finem vergentis mensis (cfr. phthínein, tabescere), si indicava anche l'ultima decade del mese lunare nei calendari ateniesi; cfr. B.D. Merritt, The Athenian Year, Berkeley-Los Angeles 1961, 38ss.

9. I.A. Magini, op.cit. 12v.

10. Alberuni's India, ed. E.C. Sachau II 185. Cfr. Laghujâtakam 2,6.

11. al Bîrûnî, Tafhîm 152,251.

12. ibid. 298,484. Durante il novilunio ci si astiene dall'intraprendere atti pubblici e manifesti, non si contrae matrimonio (Maxim. 133-135); V.Val. 117,15 Kroll: la Luna sotto i raggi non è favorevole alle nozze; le formiche cessano ogni lavoro, Plin. nat.hist. 2,41,109; 11,109; Lyd. de mens. 3,11. Al momento del plenilunio, al contrario, la sua azione è fortemente alterativa: i cinghiali consegnati ad Evangelo durante una notte di plenilunio splendente andarono in putrefazione (Macr. sat. 7,16,16; cfr. Plut. quaest.conv. 658-659; Alex.Aphr. probl. 1,66); Lucio, ormai trasformato in asino, addormentatosi al crepuscolo, si risveglia di lì a poco al sorgere della Luna piena e la prega fervidamente di mutare il suo infelice destino (Apul. met. 11,1,2).

13. L'istituzione del sabbâth ebraico come giorno di riposo è probabilmente un estensione ed una trasformazione della grande festa del plenilunio nel calendario babilonese, applicata dagli Ebrei al VII, XIV, XXI, XXVIII giorno della lunazione, cfr. S.H. Langdom, Semitic Mythology, Boston 1931, 152ss.

14. Le paludi, gli stagni sono fonte di ogni vita: Artemis Limnea (Paus. 2,7,6), Artemis Elea (Strabo 8,350). In Arcadia la sua sembianza era metà donna e metà pesce, Artemis Eurinome (Paus. 8,41,4).

15. Cfr. l'etimologia di Diana in Cic. nat.deo. 2,27,69: «Diana dicta quia noctu quasi diem efficeret». Diana sarebbe la forma femminile di Djanus (Janus) e designerebbe una divinità femminile della luce, la Luna, così come Janus designa il Sole, Preller, Les dieux de l'ancienne Rome, Paris 1881, I 313.

16. R.M. Berndt, The Kunapipi. A Study of an Australian Aborigenal Religious Cult, Melbourne 1951, 45.

17. Nella religione dei Veda la Luna si identifica con Soma, personificazione della bevanda divina. Nel Rig-Veda 10,85,5 le fasi della Luna vengono spiegate come il risultato del bere Soma da parte degli dei, A.E. Jensen, Come una cultura primitiva ha concepito il mondo, Torino 1952, 139ss.

18. R. Pettazzoni, Miti e Leggende, Torino 1948, I 30.

19. ibid. I,17; A.E. Jensen, op.cit., 116.

20. Accompagnata dalla stella della sera, la sorella del re che ne ha preso la malattia, ibid. I 81. La nascita e la rinascita dalla propria o dall'altrui costola richiama per forma la falce lunare, ibid. I 52-53. Il motivo del fare a pezzi (Seth che divide in 14 parti il corpo di Osiride; cfr. Giasone, Pelope...) è lunare. Cfr. le formule magiche dei Boscimani all'apparire della nuova falce lunare, ibid. I 22.

21. L. de Saussure, Les origines de l'astronomie chinoise, T'oung Pao 1910, 590. Cfr. G. Schlegel, L'uranographie chinoise, La Haye 1875, 606ss.

22. Sull'influenza della Luna sugli esseri viventi secondo il pensiero antico cfr. il classico studio di W.H. Roscher, Ueber Selene und Verwandtes, Leipzig 1890; O. Ruehle, Sonne und Mond im primitiven Mythus, Tuebingen 1925; P. Saintyves, L'astrologie populaire étudiée spécialement dans les doctrines et les traditions relatives à l'influence de la Lune, Paris 1937; W. Gundel, Der Mond (Pauly-Wissowa RE 31,76-105); C. Hentze, Mythes et symboles lunaires, Anvers 1933. Sulle fasi lunari e il loro rapporto con la vita fisica e sociale: A. van Gennep, I riti di passaggio, Milano 1981, 158; H. Ellis, Etudes de psychologie sexuelle, Paris I 220-225 (segnatamente sulla circolazione del sangue).

23. Per una discussione moderna: G. Sarton, Lunar influences on living things, Isis 1939.30, 495-507.

24. A. Delatte, Herbarius. Recherches sur le cérémonial usité chez les Anciens pour la cueillette des simples et des plantes magiques, Bruxelles 1936, 19; cfr., come eccezione, la pianta del Sole: A.J. Festugière in: Vivre et penser, 2.1942, 248.

25. CCAG 7, 127-128.


Testi Home